di Carlo Barbagallo
Migranti, profughi, fuggitivi, quelli che una volta venivano definiti “clandestini”, continuano ad essere salvati nelle acque del Mediterraneo, per poi essere sbarcati nei porti della Sicilia. L’allarme sul crescente numero di questi esseri umani che cercano una terra “sicura” e si avventurano nella fuga diretti in Italia, passando per la Sicilia (e rimanendo nell’Isola?), viene ripetutamente lanciato dal Viminale, ma è un segnale che cade nel vuoto dell’indifferenza. A parte le proteste (fortunatamente “limitate”) di qualche collettività al nord che si ritiene stanca e “incapace” a contenere la loro presenza che aumenta ogni giorno che passa. Evidentemente andrebbe rivisto il “sistema” accoglienza, ma il Governo ha altri problemi d’affrontare e la questione passa inosservata.
I dati “ufficiali” sono significativi e illustrano (forse anche in difetto) una situazione destinata ad aggravarsi: nei primi due mesi e 13 giorni del 2017 i migranti soccorsi in mare sono aumentati del 67 per cento. Basti raffrontare i “numeri” registrati lo scorso anni e quelli del 2017 per rendersene conto: al 14 marzo del 2016 erano stati sbarcati in Sicilia 9496 profughi. In pari tempo in questo 2017 sono giunti dalla Libia 15.852 migranti. Secondo gli esperti in materi di immigrazione quest’anno saranno infranti tutti i record di accoglienza: la stima è che dalla Libia arriveranno 250 mila persone. Nel 2016 scorso ne sono arrivate 181 mila. L’aumento del 67 per cento di presenze sul territorio nazionale provocherà inevitabilmente ulteriori disfunzioni e precarietà nell’accoglienza. Il piano del ministro Marco Minniti, che prevedeva severità verso i clandestini e accoglienza per chi ha diritto ad essere accolto, incontra qualche difficoltà non solo in Parlamento, ma anche fra i sindaci di molti Comuni che non si mostrano disponibili ad accettare il coefficiente di 2,5 migranti per mille residenti.
L’agenzia europea Frontex sottolinea che la stragrande maggioranza dei migranti che arrivano in Italia passano attraverso la rotta mediterranea. La maggior parte degli attraversamenti rilevati il mese scorso sulla rotta del Mediterraneo orientale è costituita da cittadini provenienti dalla Siria, dal Pakistan, dalla Repubblica Democratica del Congo, dalla Guinea e del Bangladesh. Mentre la maggior parte dei migranti provenienti dai Paesi africani si dirigono verso la Libia via terra, i bengalesi raggiungono lo Stato nordafricano e in particolare Tripoli attraversando il Medio Oriente per via aerea, accedendo al Paese grazie a un visto di lavoro libico. Successivamente sono costretti a pagare i trafficanti così da ricevere assistenza per raggiungere le coste libiche. Si sperava che gli accordi del Governo italiano con il Governo libico retto da Al Serraj potessero aiutare a limitare le partenze da quel territorio, ma così non è stato, almeno fino ad oggi. A conti fatti, dunque, il sistema italiano di accoglienza è già al collasso: il ministero dell’Interno al momento offre vitto e alloggio a 173 mila persone. Il piano di redistribuzione approvato nei mesi scorsi, come detto, pari a 2,5 migranti ogni mille abitanti – era studiato in base ad una previsione di arrivi intorno alle 200 mila unità. Ma visto che le previsioni indicano un 65 per cento in più, non è ben chiaro come potranno essere superate le difficoltà di “gestione” dei nuovi flussi di migranti.